IL SILENZIO
IL SILENZIO si chiama fame del dolore o perplessità di contenzioso, quando si trasmette un preciso istante di chiusura delle labbra.Non tutti si modificano con l'astenersi dall'eloquio, poichè la possibilità d'essere fraintesi non abbbandona colui che se ne serve.La perspicacia dell'avvenimento di tale manifestazione, conduce alla completa riflessione di non esprimersi verbalmente, per non acquisire il concetto della sufficiente preparazione alla risposta, che determina in alcuni casi l'opportunità di un chiarimento nella questione da risolvere.Affrontando la richiesta di una sicura e manifestata conquista verbale, attraverso cui si può raggiungere la sentenza da proferire ad una domanda di reclutamento, per verifica di soluzione da adottare, si risponde molto spesso col mutismo per modificare l'espressione della verità non esposta, secondo i principi dettati dall'onestà per cui si ritiene doveroso zittire, con la dimostrazione che la parola SILENZIO non specifichi la residenza della parola di verità.Coloro che adottano questa sicurezza per la quale si ritengono maggiormente fiduciosi nella corrispondenza con chi li chiama ad una testimonianza, si dichiarano complici della struttura di riservarsi il completo rifiuto alla descrizione d'essere chiamati alla sincerità di verifica d'una occcasione di rilievo, per la quale sono stati chiamati... diciamo alla cosiddetta sbarra, ove la risposta darebbe un significato diverso al tacere la questione offerta da stabilire.Il SILENZIO viene chiamato in causa anche per stabilire un prodotto di rifiuto al disordine della giornata trascorsa, quando nelle camerate si deve chiudere con il sonno le avventure della giornata i cui compiti, sono stati espletati con la disciplina e la coraggiosa manifestazione del preciso costrutto della formativa militare..ma si dovrà sempre ricordare che questo significato, non deve essere sostituito alla verità per tacere la disfatta delle azioni compiute contro la società, ma per ottenere la soluzione migliore di tutto quanto nella vita, si chiama "dolore degli altri" attraverso cui si risparmiano le possibili e nefaste conseguenze di una realtà amara e senza confini.
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